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Le 4 domande da fare al tuo consulente finanziario

4 domande da fare al tuo consulente finanziario

Ci sono 4 domande da fare al tuo consulente finanziario per capire se è il professionista giusto per te. 
E c'è subito una buona notizia: ogni risposta a queste quattro domande deve essere chiara e comprensibile. Se non lo è, allora non siete voi a non essere preparati: è il consulente che è in difficoltà per qualche motivo. Insomma: non è quello in grado di supportarti nelle tue scelte di investimento, nè di curare il tuo interesse.
Vediamo quali sono le quattro domande da fare al tuo consulente e, soprattutto, quali sono le risposte corrette per te ( le trovi anche con qualcosa in più nel breve e utile Manuale del risparmiatore: scaricalo subito gratuitamente). 

1. Sei indipendente?

La prima domanda  da fare ad un consulente finanziario riguarda la sua indipendenza. Il consulente potrebbe infatti lavorare per una società di consulenza, in proprio o appartenere a una rete bancaria.

Questa informazione spesso è semplice da reperire perché evidente, almeno per quanto riguarda i consulenti appartenenti alle reti maggiori o ad una banca. Nel dubbio, però, è sempre meglio chiedere e farsi fornire le credenziali.

Perché è così importante? L’informazione sull’indipendenza o meno del consulente è preliminare e serve a inquadrare la situazione e avere, a seconda del caso, un occhio critico in più rispetto alle scelte proposte dal professionista. Un consulente non indipendente potrebbe infatti agire in conflitto di interesse con voi, perché potrebbe dover inserire nel vostro portafoglio solo prodotti commercializzati dall’azienda con cui ha un contratto.

Quando infatti, per esempio, entriamo in un negozio di abbigliamento monomarca o da un concessionario auto, sappiamo benissimo che l’offerta che avremo sarà limitata ad un solo brand e non ci vediamo niente di strano. Spesso però, quando si tratta di investimenti, manca la medesima consapevolezza di cosa si stia acquistando e del perché lo si acquisti.

Continuando sull’esempio delle auto, potremmo esemplificare la situazione in questo modo: un consulente non indipendente sceglie le soluzioni per voi solo nell’ambito di quello che offre la propria casa quindi, se avete bisogno di un SUV e la casa offre solo utilitarie beh, sarà molto difficile accontentarvi. L’unica azione possibile, da parte del consulente, sarebbe quella di inviarvi ad acquistare da un'altra concessionaria, ma nessuno lo farebbe mai.

I consulenti non indipendenti, dall’altro lato, hanno accesso a una gamma prodotti maggiormente ampia e hanno strumenti di supporto alle decisioni finanziarie ben strutturati.

Comunque, indipendenza o meno, è fondamentale conoscere la tipologia di consulenza che si sta acquistando per poi capire le risposte che verranno date alle domande successive, ben più importanti.

 

2. Perché mi propone proprio questo strumento finanziario o questa gestione?

Se si sta parlando di un singolo prodotto (per esempio un fondo, una polizza unit-linked), è importante farsi spiegare come e perché si inserisce all’interno del vostro portafoglio.

Teniamo sempre presente che, anche se si sta guardando a un singolo strumento finanziario, una buona consulenza finanziaria personalizzata dovrebbe sempre avere sotto controllo l’insieme degli investimenti, cioè il portafoglio nella sua totalità.

Infatti, ricollegandoci all’utilità del porre la prima domanda, è importante sottolineare come non vi sia una distinzione tra “buono” quando si tratta di consulenti indipendenti e “cattivo” quando si tratta di consulenti non indipendenti. Il punto cruciale riguarda comprendere se gli strumenti consigliati sono solo “prodotti della casa” o fondi con cui la società stringe accordi commerciali. Il dubbio sorge quindi spontaneo: sono davvero i migliori strumenti sul mercato e i meno costosi? Molto improbabile che una casa di fondi abbia le migliori  professionalità  e, di conseguenza, le migliori performance su ogni asset class. È in questo caso, ribadiamo, che la qualità del portafoglio potrebbe non essere garantita perché le scelte potrebbero essere guidate da altri interessi, e non quello esclusivo di venire incontro alle esigenze e obiettivi del cliente.

È infatti sempre bene verificare se e quanti fondi della casa sono presenti nel nostro portafoglio, perché il rischio che ricoprano il 100% dell’investimento è sempre molto alto.

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3. Quali sono i costi associati all’investimento?

E qui… casca l’asino. Quasi sicuramente. È importante chiedere il dettaglio di tutti i costi associati alla proposta. Tutti, nessuno escluso.

Di quali costi stiamo parlando? Eventuali costi d’ingresso e di uscita, commissioni di gestione e di performance (se presenti e a cui abbiamo dedicato un approfondimento), costi di consulenza, eventuali penali e chi più ne ha, più ne metta. Tutto deve essere esposto alla luce del sole, in totale trasparenza secondo quanto ulteriormente regolamentato dalla normativa MiFID2.

Senza timore andiamo anche a verificare quanto costa la consulenza ogni anno. Un eventuale costo troppo elevato, riduce il vostro rendimento di anno in anno e, nel lungo periodo, gli effetti diventano insostenibili.

 

Scendendo più nel dettaglio delle commissioni

In estrema sintesi possiamo dire che le commissioni che gravano su un investimento si riferiscono ai soggetti coinvolti che compongono il servizio, che sono sempre tre. Grazie alla disintermediazione di di chi offre un servizio interamente digitale, come Euclidea, uno dei 3 costi viene rimosso perché gli attori coinvolti si riducono a due, l’essenziale.  

  • La prima commissione è di chi presta la consulenza e tiene la relazione con il cliente. Il professionista in questione addebita una sua percentuale di costo, che è sempre presente anche quando la si ingloba all’interno della più ampia voce “commissioni di gestione”.
  • La seconda commissione che si deve considerare è la commissione di chi gestisce, della SGR o SIM che effettuano le scelte di portafoglio e di selezione fondi, ETF o titoli.
  • L’ultima commissione da considerare è quella insita nei fondi o ETF acquistati, conosciuta come TER o Spese Correnti e, nel caso di una gestione in titoli, vanno considerati i costi di intermediazione e di banca depositaria.

 

4. Come mai queste modifiche al portafoglio? 

Quando vi propongono un ribilanciamento del portafoglio, per esempio, o la sostituzione di un investimento con un altro (uno switch), fatevi spiegare perché e in che modo ciò è di giovamento al vostro portafoglio di investimenti. Pretendete fatti e numeri alla mano e accettate solo spiegazioni che reggano a una valutazione di buon senso.

Molto spesso, di fronte a risultati deludenti, vi viene proposto un nuovo investimento miracoloso. Oppure può capitare che lo stesso consulente che vi proponeva gestione in titoli ora vi proponga una gestione in fondi, come a dire che qualunque strumento emetta “la casa” sia di valore ed eccellente.  

È importante, quindi, avere consapevolezza di quali siano gli elementi da verificare e di cui chiedere (e richiedere, se necessario) conferma. Pretendere chiarezza, capire e, soprattutto, condividere le scelte che il proprio consulente propone è il passo fondamentale da compiere per prendersi cura dei propri investimenti.

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