I fondi aperti per loro natura sono contenitori che dovrebbero consentire ai clienti di prelevare e conferire denaro quotidianamente, ma, nell’ultimo periodo, le crisi dei fondi di H2O Asset Management, Woodford Investment Management e GAM hanno puntato i riflettori sul rischio di illiquidità, argomento già da tempo molto a cuore agli organismi regolatori. Sta anche diventando un problema determinante per i gestori, che temono che i requisiti patrimoniali e di liquidità divengano sempre più stringenti; tuttavia non pare che i recenti eventi siano tali da motivare un cambiamento alla direttiva europea Ucits. Piuttosto è pensiero comune che sia necessaria una migliore applicazione della stessa anziché una sua sostanziale modifica. In tale direzione, l’Esma, l’Autorità Europea degli Strumenti Finanziari e dei Mercati, fornisce periodicamente alle autorità nazionali di vigilanza le statistiche e i metodi per migliorare le analisi sulla liquidità dei fondi, sui limiti di rischio, sulla trasparenza e sulla leva finanziaria. Ogni paese ha poi un certo grado di flessibilità nell’adottarli.
Il rischio di liquidità, per definizione, deriva dalla mancanza di commerciabilità di un investimento che non può essere venduto abbastanza rapidamente da garantire il rimborso richiesto dall’investitore. Per i fondi Ucits tale rischio viene limitato grazie alla regola di diversificazione 5-10-40: le partecipazioni di fondi sono limitate al 5% in titoli emessi dallo stesso organismo, ma tale limite può essere innalzato al 10% fino a quando il valore totale dei titoli ammonta a meno del 40% del patrimonio del fondo. Sono inoltre vietati investimenti in strumenti illiquidi per un importo superiore al 10% del valore del fondo.
I recenti eventi, di cui tanto si è parlato, si sono verificati poiché, mentre gli investitori cercavano rendimenti decenti dopo un decennio di tassi di interesse troppo bassi, pochi si sono concentrati sulla liquidità di queste attività che garantivano un più alto rendimento. Solo ora ci si è veramente focalizzati sul problema dell’illiquidità. Infatti illiquidità e rendimento vanno spesso di pari passo. Anche piccole porzioni di portafoglio illiquido, come nel caso di H2O, possono innescare problemi una volta che il fondo è soggetto a forti deflussi.
Come già detto, il rischio maggiore deriva dai gestori attivi che cercano di battere gli indici deviando dai parametri di riferimento per andare verso titoli a rendimento più elevato. C'era molta preoccupazione che anche gli ETF, in rapida crescita, potessero risentire di questo tipo di problematica, ma le turbolenze del mercato nel quarto trimestre dello scorso anno hanno mostrato la loro capacità di tenuta.
Nel caso particolare di Euclidea, gli strumenti presenti nei portafogli dei nostri clienti vengono monitorati quotidianamente, sia quantitativamente, tramite controlli massivi effettuati dal team di gestione e dal risk management, che qualitativamente, attraverso, tra gli altri, incontri periodici con i gestori delle diverse case di fondi. Tutto ciò ci ha permesso, nel caso specifico del fondo di H2O, di poterlo eliminare dai portafogli ancor prima che la notizia divampasse sui mercati, limitando così i possibili danni per i clienti. Quindi, una meticolosa analisi quantitativa, accompagnata da un’attenta analisi qualitativa, sono i due ingredienti fondamentali per rispondere con tempestività ed efficienza alle continue minacce del mercato.