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Il dollaro USA, un amico a volte infedele

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La percezione diffusa tra gli investitori è che il dollaro sia una rifugio sicuro e che, come un amico fedele, si rivaluti nel momento della crisi. 

Il dollaro è sempre stato considerato, alla pari dell'oro, una sicurezza, una protezione naturale dei portafogli. Sono infatti innumerevoli gli investitori di tutto il mondo che cercano la dose ideale di dollari (e di oro) per proteggere il proprio portafoglio in tempi difficili.

Da qualche anno, però, il dollaro ha perso il suo status di valuta rifugio, di porto sicuro che si rafforza nei momenti di crisi, di simbolo di un'economia forte che alla fine supera sempre le difficoltà e ne esce vincitrice.

Quando una valuta può essere considerata un “rifugio affidabile”?

Per essere ritenuta un rifugio affidabile e fonte di riparo dalle crisi, una valuta dovrebbe avere almeno tre caratteristiche:

  1. essere emessa da un Paese con un surplus commerciale;
  2. essere emessa da un Paese con un debito pubblico non eccessivo;
  3. avere una buona liquidità.

Tornando alla tanto amata valuta, il dollaro statunitense è in realtà deficitario sia nel primo che nel secondo caso. Quest'ultimo, in particolare, è venuto meno dopo che, a seguito della crisi del 2008, gli Stati Uniti hanno dovuto incrementare in maniera vistosa la spesa e, di conseguenza, il debito pubblico. Dall'altro lato è comunque vero che l'economia americana ha una capacità di riprendersi, dovuta alla sua intrinseca flessibilità, che ha pochi pari al mondo. Di sicuro sappiamo che il dollaro è una valuta liquida anzi, probabilmente è il mercato più liquido in assoluto.

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Il dollaro e la funzione speculativa

Ultimamente il comportamento del dollaro USA non è stato quello tipico del passato: apprezzarsi quando la propensione al rischio è OFF (calo di fiducia) e viceversa quando è ON. Ha perso quindi la sua funzione di difesa, come era successo da tempo anche all'oro.

Eliminata la funzione di difesa rimane quella speculativa, vale a dire quella di creare un valore positivo per il rendimento del portafoglio. Le valute infatti non sono di per sé portatrici di rendimento se valutate staticamente, sono opportunità da sfruttare a seconda del momento, ma è un esercizio estremamente difficile. A testimonianza di ciò si consideri che non esistono hedge fund che riescano a profittare in maniera sistematica dal mercato dei cambi.

L'approccio corretto alle valute secondo Euclidea è strategico e deriva da considerazioni fondamentali:

  • Non bisogna coprire il rischio di cambio sull'azionario. Le azioni sono infatti meno ancorate alla valuta di quotazione e spesso le vendite e i profitti delle multinazionali sono solo in piccola misura legati al mercato domestico (si pensi alla Apple, alle multinazionali dell'estrazione di minerali quotate a Londra oppure, ad esempio, alla Nestlé). Nei casi non infrequenti di repentina svalutazione della valuta domestica i mercati azionari tendono a reagire velocemente in senso inverso (si veda ad esempio il caso del Brexit) proprio perché le azioni sono percepite come un investimento "reale".
  • Coprire sempre il rischio di cambio sulle obbligazioni di qualunque grado di rischio. Le obbligazioni sono intrinsecamente legate alla valuta di emissione e ciò è verificabile semplicemente pensando al fatto che gli emittenti possono tranquillamente emettere in più valute. Inoltre, la volatilità dei cambi è spesso nettamente superiore a quella delle obbligazioni ed andrebbe quindi a sovrastare la delicata ricerca di un rendimento positivo, soprattutto in tempi di bassi rendimenti.

Va infine smitizzato un altro aspetto della copertura dei cambi. Il  cosiddetto costo della copertura. Non esiste un costo in termini assoluti ma solo una variabile: il differenziale dei tassi di interesse, che può essere negativa o positiva e che esprime la perdita o guadagno prefissati al momento della creazione della copertura.

grafico euro dollaro


Nel grafico sono rappresentati l’andamento del cambio Euro/Dollaro e le previsioni degli analisti sull’andamento futuro (fonte:Reuters).