Perché investire 200.000 euro con una tecnologia digitale?
Riportiamo di seguito la risposta della giornalista Federica Pezzati ad un lettore del Sole 24 ore che il 20 Aprile 2019 chiede informazioni sulle gestioni patrimoniali digitali di nuova generazione in Italia.
Il lettore scrive:
Sono interessato a sottoscrivere circa 200mila euro in una gestione patrimoniale di tipo passivo con robo advisor (per esempio Moneyfarm o Euclidea).Ho notato che hanno costi di commissione più basse rispetto alle gestioni di tipo bancario. Vorrei chiedere se queste diverse strategie di gestione sono comparabili con quelle tradizionali come risultati ottenuti e come sicurezza, pur avendo alle spalle differenti capitalizzazioni.
Risponde Federica Pezzatti:
Le strutture che lei cita sono abilitate e vigilate alla stregua di soggetti più capitalizzati magari con grandi gruppi alle spalle. Le gestioni patrimoniali inoltre godono di un regime di separatezza patrimoniale: gli strumenti finanziari e la liquidità sono depositati presso una banca depositaria, in regime di separazione assoluta dal patrimonio dell'intermediario. Un eventuale fallimento non andrebbe a coinvolgere il capitale del cliente: né la parte investita, né la parte liquida. In caso di liquidazione coatta amministrativa o di amministrazione straordinaria della Banca depositaria (che nel caso di Moneyfarm è Saxo Capital Markets UK Limited e nel caso di Euclidea è Société Générale Securities Services Spa), gli strumenti finanziari rimangono depositati in un "conto terzi" separato dal patrimonio dei gestori e della Banca depositaria stessa. Per quanto riguarda la liquidità anche questa non sarà soggetta al bail-in in caso di risoluzione proprio in virtù del principio di segregazione patrimoniale. Quel che è certo è che a livello di costi le metodologie e gli strumenti utilizzati da queste nuove iniziative particolarmente focalizzate sul fintech e sull'utilizzo di strumenti efficienti quali gli Etf, consentono quanto meno di risparmiare, un fattore che, soprattutto sul lungo termine, incide. Una recente ricerca dell'Esma, basata su dati da report 2018 della Consob e di Banca d'italia (2017), rileva che il costo medio dei fondi comuni "attivi" in Italia è di 1,58% (2,34% per gli azionari e 1,42% per gli obbligazionari); il 70% dei costi "remunera" il canale distributivo. Ma come evidenziato da recenti ricerche sono pochi i risparmiatori consci della presenza di queste retrocessioni. Gli Etf, alla base delle gestioni di cui lei parla, hanno costi ben inferiori ai fondi attivi considerando anche il differenziale tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita. Inoltre permettono di diversificare su mercati e settori anche con cifre ridotte (le gestioni partono da 5mila euro). L'utilizzo degli Etf consente dunque di raggiungere l'obiettivo di offrire una gestione di livello e dei consulenti dedicati (disponibili via chat, telefono, o anche fisicamente in sede). Nel caso di Moneyfarm sono previste dodici linee di gestione che vengono scelte dai clienti in base a un percorso con l'ausilio anche di un consulente (attraverso un modello ibrido). I costi insomma sono uno dei punti di forza del servizio. La commissione di gestione della Gpf di Moneyfarm, per esempio, va dallo 0,2% all'1% annuo e varia, non in base al profilo di rischio, ma a seconda del capitale investito (0,3% sopra i 500mila euro investiti, 0,4% tra i 200mila e i 500mila euro investiti, 0,6% dai 15mila ai 200mila euro investiti e 1% tra i 5mila e i 15mila euro investiti) a cui si aggiungono i costi degli Etf utilizzati (nell'ordine dello 0,26% medio). Per Euclidea, i costi dell'offerta digitale vanno dallo 0,40% a 0,70% in base alle masse in gestione: per 200mila euro il costo della gpf sarebbe dello 0,55% Iva esclusa. A cui si aggiungo i costi dei fondi sottostanti (indicati dal fondatore di Euclidea intorno allo 0,45%). Anche in questo caso non sono previsti costi di ingresso uscita o di performance o di banca depositaria. Costi decisamente inferiori a quanto richiesto normalmente dalle gestioni patrimoniali che si possono trovare in Banca o presso altri intermediari che possono arrivare anche al 2% a cui si sommano anche i costi dei fondi comuni utilizzati come sottostante. Certo il fattore umano ha la sua importanza. I consulenti abilitati all'offerta fuori sede e i bancari hanno sicuramente delle professionalità da non sottovalutare, in grado di fare emergere bisogni e supportare il cliente nei momenti difficili. Non a caso i clienti tendono a seguire i professionisti se cambiano società. Ora resta da vedere se l'invio dei rendicontazione dei costi ex post (come previsto dalla Mifid2) che farà emergere i veri oneri trattenuti dai diversi attori della filiera dell'industria del risparmio avrà impatto sulle decisioni finali del cliente. Non a caso Euclidea e Moneyfarm sono stati i primi a inviare questo tanto atteso rendiconto.
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