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Intervista - Euclidea, con Mifid2 si gioca a carte scoperte

carte scoperte

Quando i costi sono ridotti all’osso e c’è l’indipendenza della gestione del risparmio, Mifid2 non fa paura. Ora che le reti di distribuzione sono costrette a comunicare nel dettaglio il prezzo della consulenza, per le piattaforma fee only si apre una nuova era. 30 pagine inviate ai clienti a metà agosto, in piena notte, via mail. Il costo totale riportato in piccolo nell’ultima pagina. Queste sono le rendicontazioni delle reti di consulenza” racconta Stefano Rossi, CEO di Euclidea, a Livia Caivano, giornalista di We Wealth. 

Secondo quanto richiesto da Mifid2, negli ultimi mesi i clienti (di quasi tutte) le reti e società di intermediazione italiane hanno ricevuto la documentazione relativa ai propri investimenti, con l’esplicitazione dei relativi costi. “Io non faccio il legislatore – ricorda il CEO di Euclidea – Ma se così fosse cercherei di essere più pressante nel cercare l’implementazione delle linee guida.

La normativa europea chiede che le imprese di investimento sottopongano ai clienti un prospetto dei costi applicati alle masse investite. Commissioni di deposito, di gestione, di consulenza, e via dicendo. “La rendicontazione va fatta ex ante e ex post ma è già stato notificato che da questo punto di vista pochissime realtà sono state in grado di comunicare per tempo tutti i costi relativi al 2018”. Secondo una ricerca realizzata dal Politecnico di Milano in collaborazione con Moneyfarm, infatti, a luglio solo il 25% delle società di consulenza erano conformi alla direttiva Mifid2 sul fronte della comunicazione e informativa ex ante dei costi e degli oneri dei servizi di investimento. La normativa chiede anche che i costi siano riportati in maniera esplicita, e anche in questo caso secondo il report, era compliant una società su quattro. “Le reti non hanno ridotto di un euro il loro margine di distribuzione, non hanno cambiato nulla in funzione di Mifid2”. Forse perché non sono preoccupati dell’impatto che i costi possano avere sulla clientela? “Certo, finché il cliente non decide di andare a fondo”, prosegue Rossi. E a quel punto il consulente si trova solo davanti al cliente a dover chiarire che l’80% della performance finale del cliente, secondo i dati Mediobanca, è trattenuto dalla rete di distribuzione. Il costo per i fondi di investimento delle reti italiane è ben sopra il 2%: in particolare, circa 10 punti base vanno al produttore che dà i fondi alla rete, come commissione di management. Rimangono quindi 190 basis point: di questi, il distributore deve riconoscere una parte della fee al proprio consulente, tipicamente tra i 30 e i 35 pb, mentre i rimanenti 160 rimangono alla struttura”. Roberto Condulmari, ex Kairos e ora socio Euclidea, la definisce “la tassa occulta degli italiani”.

La Sim ha invece un approccio diverso. Un database raggruppa tutti gli strumenti di investimento che sono armonizzati per essere proposti al cliente. 110mila strumenti tra fondi attivi e passivi e Etf: La piattaforma studia ogni settimana l’universo investibile selezionando per ogni asset class gli strumenti di investimento migliori. Analizziamo i dati per capire qual è il migliore e soprattutto quale costa meno. Avendo poi accesso alla classe di fondi istituzionale, il costo è più basso di un terzo rispetto alla retail, “se non di più”. Puntando sulla riduzione dei costi non ha paura di mostrarli al cliente, e lo fa esplicitandoli quotidianamente sulla piattaforma, all’interno delle pagine personali dei clienti.

Cosa insegnerà Mifid2 ai clienti?

Prosegue Stefano Rossi: Noi cerchiamo di spiegare al cliente finale che c’è una via diversa. Gli altri non mostrano le informazioni che invece noi in maniera trasparente pubblichiamo sulla piattaforma”. Il cliente apprezza: inizialmente la quota investita è più bassa, si testa il servizio. Ma oggi “l’investimento medio del nuovo cliente è di 30mila euro. Mifid2 non fa paura quando si sceglie di comunicare i temi più difficili con un metodo semplice”.