Un Mondo a Due Facce
Come si misura la ricchezza di un paese?
Con la sua capacità di produrre: se la produzione totale di un paese riferita ad un anno è superiore a quella realizzata l’anno precedente, il paese si è arricchito, altrimenti si è impoverito.
Il Prodotto Interno Lordo (PIL) è l’indicatore macroeconomico che misura appunto il valore dei beni prodotti in un paese.
La produzione di beni e servizi necessita del lavoro delle persone, che vengono remunerate, quindi spendono e richiedono a loro volta ulteriori prodotti e servizi. Da qui si genera un circolo virtuoso, che si interrompe se manca l’offerta di lavoro e quindi la richiesta di beni e servizi.
Un caso emblematico a questo proposito è la storia recente della Cina, che ci interessa in modo particolare in quanto ha una posizione di relativo sovrappeso nei portafogli di Euclidea.
Nel 1978 il governo cinese decise di rompere con le politiche economiche in stile sovietico e iniziò una riforma graduale dell’economia secondo i principi del libero mercato, aprendo così il paese al commercio con l’Occidente e agli investimenti da parte dei paesi occidentali. Questo determinò una significativa crescita economica del paese, grazie alle esportazioni.
Maggiore richiesta di produzione significava richiesta di manodopera e ciò innescò un sempre più massiccio fenomeno migratorio dalle campagne alle città, che nel tempo ha determinato la formazione di una nuova middle class numerosissima (la popolazione cinese supera gli 1,4 miliardi di abitanti), che ha iniziato a consumare elettricità, a comperare case, auto, elettrodomestici, ad utilizzare i cellulari e poi internet e quindi a conoscere il mondo occidentale e ricercare uno stile di vita più agiato. A partire dagli anni 2000, la conseguenza è stata una forte crescita della produzione destinata ai consumi interni che hanno controbilanciato il graduale rallentamento della crescita delle esportazioni, che per vent’anni erano state la forza trainante del PIL.
Ma guardiamo agli ultimi anni. Il grafico riporta la crescita annuale del PIL cinese rapportando il dato dell’ultimo trimestre rispetto a quello dello stesso trimestre dell’anno precedente.
Dall’ultimo trimestre del 2016 all’ultimo trimestre del 2019 si nota una leggera contrazione della crescita, all’interno comunque di un sentiero molto stabile.
Poi, nel 2020, è arrivata la pandemia e quindi una forte riduzione della produzione. Ma, mentre nel resto del mondo, ciò ha determinato una decrescita del PIL rispetto al 2019 (Usa – 3,5%, Europa -5,9,%), la Cina, grazie ad una severa politica di contenimento dei contagi, è riuscita a tenere aperte le fabbriche, così da rispondere alla richiesta di beni dall’estero, facendo registrare un nuovo balzo delle esportazioni. Ciò le ha permesso di essere l’unica importante economia mondiale a registrare un incremento del PIL, e di oltre il 2%.
Quanto accaduto nei primi due trimestri del 2021 nasce ovviamente da un confronto con la contrazione dei primi sei mesi del 2020. Il primo dato realmente confrontabile con l’era pre-Covid sarà quello del primo trimestre di quest’anno.
Ma il valore riferito all’ultimo trimestre del 2021 ha comunque battuto le aspettative degli analisti, segnando un +8,1% su base annua, rispetto ad attese di un +7,9%. E questo, considerato quanto è poi accaduto in Cina nella seconda parte del 2021, è un dato positivo.
Sì, perché la domanda interna cinese ha subito un ulteriore forte rallentamento negli ultimi mesi del 2021. Il governo cinese ha infatti introdotto diverse misure di regolamentazione del settore immobiliare (che rappresenta almeno il 30% del PIL) con l’obiettivo di limitare le speculazioni che hanno fortemente colpito la stabilità del settore, oltre che di altri settori quali il gaming, limitando il tempo massimo che i ragazzi possono passare a giocare on line, o della scuola a distanza, non riconoscendo più la validità di tale insegnamento. Tutto ciò, unitamente ad alcuni periodi di lockdown e alle restrizioni ai viaggi, ha causato un’ondata di licenziamenti che hanno fortemente colpito la capacità di consumo dei risparmiatori cinesi.
Fortunatamente la domanda globale di consumer electronics, mobili ed altri prodotti per la casa ha continuato a sostenere le esportazioni, impedendo che la crescita del paese si fermasse.
E ora cosa accadrà?
Il resto del mondo è ripartito e probabilmente le esportazioni cinesi diminuiranno, la crescita dei consumi interni non è e non sarà più così brillante come nel decennio passato, quindi ci si aspetta una contrazione della crescita del PIL. D’altro canto, il governo cinese lo scorso mese si è impegnato a mantenere la stabilità economica, grazie ad azioni espansive di politica monetaria e fiscale. E la reazione non ha tardato ad arrivare. Dopo un primo taglio in dicembre, il 17 gennaio la Banca Centrale cinese ha tagliato di altri 10 bp il tasso LPR ad un anno (Loan prime rate, tasso offerto dalle banche commerciali alla clientela). E in Cina i tassi sono appena sotto al 4%, quindi la possibilità di manovra è piuttosto elevata.
Mentre il resto del mondo è impegnato a contrastare la crescita dell’inflazione con politiche monetarie restrittive (ci si aspetta che la FED alzi i tassi di interesse 4 volte nell’arco del 2022), in Cina si sta provando a dare nuovo impulso allo sviluppo economico, con politiche espansive.
Insomma, viviamo in un mondo a due facce.
È meglio stare da una parte o dall’altra? La migliore mossa è ancora una volta la diversificazione, alla ricerca dei migliori trend nei diversi paesi.
Questo è quello che fa un gestore professionale come Euclidea.
Euclidea offre anche una linea di investimento specifica su questo tema: la Equity GDP.
Si tratta di una linea azionaria pura, orientata a cogliere proprio la crescita della ricchezza nei paesi. Investe infatti nelle diverse aree geografiche in funzione del peso del PIL, seguendo proprio la crescita della ricchezza, laddove questa si manifesti.