Anche il 2021 si sta dimostrando un anno sorprendente in termini di performance, soprattutto per i mercati azionari, ma anche per le commodities.
Le spiegazioni non vengono dall’andamento dell’economia, che dopo una ripresa vigorosa ha cominciato un po’ a ridurre il ritmo.
E’ tra l’altro difficile stabilire un nesso di causalità tra l’andamento economico generale e i mercati finanziari: talvolta si osserva il contrario, cioè che sono i mercati ad influenzare l’economia e non viceversa.
Piuttosto le spiegazioni possono venire da altre due elementi: la mancanza di alternative di investimento nel mondo obbligazionario e la persistente capacità delle società di produrre utili stabili o in crescita.
Performance delle commodities e delle macro aree del comparto azionario
Le lezioni (e le conferme) che ne traiamo sono le seguenti:
1) se non ci sono ragioni stringenti per mantenere un investimento estremamente conservativo, ogni portafoglio dovrebbe avere una buona quota di azionario.
2) Anche solo rimanendo investiti in modo passivo sui mercati si ottengono performance soddisfacenti.
Questo si traduce in due conseguenze pratiche:
3) Bisogna evitare i fondi con performance fee (il nostro modello proprietario di selezione fondi è costruito anche con questa preferenza).
Già la tassazione del capital gain costituisce di fatto una “performance fee” del 26%. Se ne aggiungiamo un’altra del 20% (spesso anche più alta e per giunta da pagare spesso anche senza guadagni in termini assoluti) si vede come metà del rendimento vada inevitabilmente perso!
E tutto ciò senza neanche considerare le management fee.
Il posizionamento dei portafogli è attualmente caratterizzato da tre tendenze principali:
La valutazione delle asset class secondo il modello proprietario Euclidea