Skip to content

Millennials e FinTech: le nuove generazioni guidano la rivoluzione digitale del risparmio gestito

Millennials-FinTech

Nonostante il FinTech sia un settore giovane e in piena fase di sviluppo ed evoluzione, si presenta con un biglietto da visita decisamente allettante per la generazione Y e non solo. Infatti, il 63% dei clienti delle banche ha preso in esame, o utilizza, servizi fintech e ne vengono apprezzate la facilità di fruizione (82%), la velocità (81%) e una user experience positiva(80%)[1].

Condizione essenziale: la confidenza con lo strumento. I millennials, nati tra il 1980 e il 2000, quindi quasi completamente nativi digitali, hanno sviluppato un’abitudine all’utilizzo del web decisamente naturale e familiare. Basti pensare all’e-commerce e a quanto questo sia diventato parte integrante di una quotidianità di acquisto.

Gli aspetti sopra citati, la facilità di fruizione, la velocità e la user experience positiva, sono stati sottolineati anche dall’Osservatorio FinTech del Politecnico di Milano a seguito dei risultati emersi dalla ricerca dedicata a FinTech e Digital Finance. Filippo Renga, Direttore dell’Osservatorio FinTech e Digital Finance, ha evidenziato proprio che “Oggi il cliente, sia consumer sia business, chiede sempre maggiore velocità di risposta, reperibilità dei consulenti e accessibilità di prodotti e servizi in qualunque luogo e momento, e questo risultato si può ottenere soltanto portando avanti una completa digitalizzazione di tutte le. Già adesso il 56% degli utenti si relaziona con la propria banca utilizzando un pc, un tablet o uno smartphone.” Aggiunge, inoltre, che: “Questo numero, con i nuovi servizi lanciati a livello internazionale e l’ingresso delle nuove generazioni di nativi digitali nel mondo delle professioni, delle imprese e dei consumi, continuerà ad aumentare. L’ecosistema finanziario non può farsi trovare impreparato”.

La rivoluzione digitale e la digitalizzazione dei servizi finanziari è quindi un movimento inarrestabile che porta con sé tutti quei valori e quelle caratteristiche che i millennials, la generazione che entro la metà di questo millennio avrà a disposizione circa 41 mila miliardi di dollari, cercano. Cresciuti in un mondo in cui il digitale la fa da padrone, i millennials sono infatti abituati a trovare immediatamente le risposte che cercano, ad avere un’interazione veloce e diretta con i device e con chi si cela dietro un sito web, a informarsi online e a cercare tramite internet le soluzioni ai propri problemi nonché a creare relazioni, a volte anche esclusivamente, digitali. 

Migliora i tuoi investimenti  
Ottieni il tuo portafoglio personalizzato in 2 minuti

Scopri di più

I millennials e il risparmio: un mito da sfatare

La generazione dei millennials è una delle meno comprese e, spesso, delle più criticate. Non sanno risparmiare, spendono tutto e subito perché sono abituati a soddisfare nell’immediato ogni proprio bisogno e così via. Pochi di noi potranno dire di non aver mai sentito fare considerazioni di questo tipo. Bankrate ha sfatato il mito che vede millennials e gestione dei risparmi come due realtà così lontane e diverse. Secondo un’indagine[2], infatti, 3 millennials su 5 hanno ridotto le proprie spese mensili con la volontà, comune, di voler aumentare i propri risparmi. Questo è risultato essere vero soprattutto per la fascia d’età compresa tra 18 e 26 anni. Oltre 3 quarti del campione (il 74%) afferma inoltre di voler riuscire a mettere da parte ancor più risparmi. Insomma, non si può dire che i millennials non siano una generazione attenta alle proprie spese.

Le difficoltà per questa generazione sono comunque reali.

In media i trentenni di oggi dovranno lavorare almeno sette anni in più o risparmiare quasi due volte  per mettere da parte lo stesso monte risparmi della generazione precedente, quella che oggi ha quasi 50 anni[3] e, sotto questa luce, il robo advisor risulta essere uno dei driver strategici che supporteranno i protagonisti di domani del risparmio gestito[4].

Il modello ibrido soddisfa i millennials e non solo

Questa generazione, che parte da una posizione svantaggiata rispetto ai propri genitori, preferirà quindi i robo advisor anche nei servizi di private banking che, storicamente, prevedono un rapporto più tradizionale tra cliente e consulente, trovandosi maggiormente a proprio agio con soluzioni digitali piuttosto che recarsi agli ormai pochi sportelli bancari rimasti. Digitale non vuol dire però non umano. Per i millennials, infatti, rimane comunque rilevante la necessità del rapporto umano[5],  la possibilità quindi di richiedere il supporto di uno specialista, in remoto o fisicamente, ogni qualvolta ve ne sia la necessità. Questa soluzione è quella che viene riassunta nei modelli di robo -advisor ibridi, che non prevedono che la totalità delle azioni sia automatizzata, ma riservano al rapporto tra individui una parte significativa della propria esperienza utente. Il modello ibrido rappresenta quindi un vantaggio competitivo non indifferente e rimane ad oggi il modello con maggiori opportunità di sviluppo nel nostro Paese. La necessità di rapportarsi con una persona e non solo con un computer soddisfa infatti il bisogno di fiducia e di rassicurazione che oggi, causa anche una scarsa educazione finanziaria, rimane un asset imprescindibile.

Il ritratto dei millennials, che emerge sempre più chiaramente, è che questi siano una generazione attenta al risparmio e al rapporto umano, ma che cerca facilità, velocità e trasparenza nei servizi di cui sceglie di avvalersi. Una generazione che si accompagna a ciò che la rivoluzione digitale sta portando ed esprimendo e che a breve si troverà a cavalcare l’onda della disintermediazione dei servizi finanziari facendosi portavoce di tutti quei cambiamenti che, oggi, bisbigliamo ancora sottovoce.

[1] Secondo il World Retail Banking Report 2016 di CapGemini ed Efma.

[2] Secondo un’analisi di McKinsey, dal titolo “Diminishing Returns: Why Investors May Need to Lower Their Expectations

[3] https://www.bankrate.com/banking/savings/financial-security-1017/

[4] PwC nello studio L’industria dell’Asset Management nel 2020.

[5] Come evidenzia una ricerca di PwC in collaborazione con Cetif condotta su un campione di 420 individui italiani maggiorenni.