Vi ricordate quando eravate piccoli e vostra madre vi urlava: “Metti il sale nell’acqua della pasta”? attimo di panico: “quanto ne metto? troppo? troppo poco? com’è che mi dice sempre…un pugno…ok dai forse ci sono”; e poi, quando ci sedevamo, l’aspettativa del primo boccone era come l’ultimo step delle selezioni di Masterchef dove la mise en place è disgusto e umiliazione più che forchetta e coltello. Ecco il rischio finanziario è un po’ come il sale in cucina, troppo rovina tutto, troppo poco rende il tutto insipido e la giusta quantità è un’entità più utopistica che reale; quindi come definirlo e soprattutto come quantificarlo?
Partiamo dai fondamentali, la definizione: il rischio è l’incertezza legata al valore futuro di un’attività o di uno strumento finanziario o, più in generale, di un qualsiasi investimento. Un’attività patrimoniale si definisce rischiosa se il flusso monetario che produce è almeno in parte casuale, cioè non è conosciuto in anticipo con certezza. Quindi il rischio non è il male in assoluto e non deve erroneamente essere percepito come un disvalore, ovvero un fattore da evitare, ma più come una situazione che si riesce tanto meglio a gestire quanto più la si conosce. In altre parole, è sia incertezza che opportunità.
Bene, ora che la definizione accademica l’abbiamo smarcata entriamo nel vivo: quanto siamo disposti a rischiare? Ovvero qual’è la nostra propensione al rischio? L’obiettivo è quello di farvi capire (graficamente più che a parole) come auto valutarsi. Innanzitutto la propensione al rischio altro non è che la somma di due variabili:
Come si evince dalla mappa concettuale la capacità di rischio tocca fattori oggettivamente valutabili e quindi di facile stima, mentre la tolleranza al rischio entra nella sfera emotiva dell’individuo (aspetto soggettivo) per cui l’analisi, in questo caso, può risultare complessa. Tuttavia procediamo con ordine e cerchiamo di studiare tutti i fattori condizionanti e come questi influenzano la nostra propensione al rischio:
Per il fattore “aspetti caratteriali del singolo investitore”, come precedentemente detto, è richiesto uno sforzo maggiore di auto analisi; provate a immaginarvi in una situazione di stress e con sincerità rispondetevi:
Se avete scelto la (I) il vostro livello di tolleranza al rischio incrementa la propensione al rischio; viceversa se rientrate nello spettro dell’opzione (II) la vostra propensione al rischio dovrà essere più contenuta.
Arrivati a questo punto non mi resta che augurarvi buon lavoro…e ricordatevi: la propensione al rischio segue di pari passo la vostra vita, non esiste un valore giusto e uno sbagliato, solo momenti in cui le condizioni economiche, familiari e caratteriali permettono di rischiare un po’ di più o un po’ di meno.