Non ci sono limiti alla fantasia dei mercati. Dopo aver visto tassi negativi in quasi tutte le valute (per la verità qui più che il mercato sono state le banche centrali), anche il prezzo dei futures sul petrolio è andato in negativo.
E’ l’ennesimo esempio di come quando il peso dei derivati diventa troppo grande rispetto al mercato sottostante possono succedere fatti imprevedibili.
Vero anche che ci sono state ragioni fondamentali per quanto è accaduto: uno schock sia della domanda, causato della Pandemia, che dell’offerta, per una precedente rissa tra due tra i principali produttori mondiali, Russia e Arabia Saudita.
Peraltro proprio questa frattura ha avviato il ribasso del mercato azionario a cui abbiamo assistito nel mese di marzo.
C’era il sentore che il debito fosse cresciuto oltre il dovuto negli Stati Uniti.
Non solo il debito delle aziende che lo avevano usato sostanzialmente per riacquistare azioni e non per investimenti produttivi, ma anche i prestiti agli studenti e quelli per l’acquisto delle auto. Ora, in una situazione che ha creato oltre 30 milioni di disoccupati nei soli Stati Uniti, queste forme di debito sono andate in grave difficoltà.
Ciò ha obbligato Fed e governo americano a muoversi in maniera massiccia e decisamente più efficace di quanto sia stato fatto in Europa. Negli USA sono stati riciclati dei programmi di prestito ereditati dalla crisi del 2008, potenziandoli e andando anche a coprire i prestiti personali e le municipalità. Vengono anche erogati contributi a fondo perduto (alle linee aeree ad esempio) che consentono di non creare ulteriore debito.
Nonostante la situazione dell’economia sia tutt'altro che rosea il mercato azionario ha esibito una ripresa vigorosa, riportando in alto le valutazioni se confrontate con gli utili.
Una spiegazione potrebbe essere che si cominci ad anticipare una ripresa che inizia a vedersi in vari indicatori, nonostante molti Stati siano ancora in “lockdown”.
La situazione è comunque tale da dovere mantenere una certa cautela sia sul debito più rischioso che sull’azionario europeo.
Nei portafogli abbiamo ora la parte di credito investita solo in titoli di buona qualità e acquistati dalle banche centrali, oppure in obbligazioni dei Paesi emergenti.
Nell’azionario abbiamo lievemente ridotto l’esposizione complessiva ed in particolare la parte europea che sembra più debole. Manteniamo invece inalterate le posizioni sui settori tecnologico e biotecnologico.
Infine, va rilevato che l’esposizione valutaria rimane sostanzialmente invariata, con una quasi totale copertura del rischio di cambio sull’obbligazionario mentre l’azionario rimane a valute aperte.