Le realtà si trasformano velocemente. L’anno scorso, e per la verità gli anni scorsi, secondo l’industria del risparmio gestito era un peccato mortale mantenere i soldi sul conto corrente: sia per i mancati guadagni che per la lenta erosione derivante dall’inflazione.
Qualcuno, sempre dello stesso settore, ha poi sostenuto che tenendo i soldi sul conto corrente in media nell’ultimo anno si sarebbe perso il 7%. Peccato che investendo praticamente ovunque (azioni, obbligazioni, escluse le commodities) quel 7% si sarebbe sommato alla perdita sui mercati e sarebbe diventato un meno 15% (in termini reali).
La domanda che potrebbe nascere spontanea nei nostri investitori è “allora perché non utilizzate il cash (la cassa) nei momenti turbolenti?”
Principalmente i motivi sono tre:
Riteniamo che mantenendo i portafogli pienamente investiti e tenendo costantemente sotto controllo qualità e costo si possano ottenere i risultati migliori.
Il punto della qualità si rivela nel nostro stile di investimento caratterizzato dalla possibilità di accogliere nel portafoglio anche i fondi attivi.
I fondi attivi sono spesso denigrati perché “in media” sottoperformano il benchmark. E proprio lì sta il distinguo, “in media”. Ma scegliendo il fondo “non medio” si possono migliorare i risultati senza aggravare i costi. Chiaro che aprire così l’universo investibile ad un vasto numero di opportunità implica un aumento considerevole della ricerca sia qualitativa che quantitativa.
Per questo molti dei roboadvisor si limitano ad investire nei soli ETF, che peraltro spesso hanno performance inferiori agli index fund non quotati, in quanto, al contrario di questi ultimi, sono gravati di costi di transazione (fees, bid-ask).
Certamente un mercato obbligazionario più “sano” ed un mercato azionario non particolarmente sopravvalutato ma comunque sensibile all’azione delle banche centrali. Non è da escludersi che di fronte ad un rallentamento dell’economia le intenzioni delle banche centrali si facciano meno bellicose.
I modelli ci segnalano di essere ancora temporaneamente prudenti sulle obbligazioni e di mantenere le commodities. La situazione dei bond è comunque ora notevolmente migliore, se non altro perché un indice bond globale aggregato offre ora rendimenti di poco inferiori al 2%.
In questo mese i nostri algoritmi non hanno suggerito modifiche sostanziali all’asset allocation dei portafogli. È stato ulteriormente diversificato il posizionamento in equity US, tramite l’inserimento di un terzo fondo che presenta costi particolarmente contenuti e vantaggi di natura fiscale. Abbiamo inoltre eliminato l’investimento in financial bonds ed inserito una nuova posizione sugli high yield short-term per limitare la sensibilità ai tassi.
Nonostante i mercati nel loro complesso stiano chiudendo il peggior semestre dal 1970, il nostro approccio di asset allocation dinamica, contenimento dei costi e monitoraggio costante, ci ha permesso di registrare in questo periodo un andamento migliore dei benchmark di riferimento di tutte le asset class.