La ESMA (European Securities and Markets Authority) ha pubblicato di recente il suo primo “Annual Statistical Report - Performance and costs of retail investment products in the EU”.
Si tratta del PRIMO rapporto di questo tipo riguardo ai costi e alla performance dei prodotti di investimento per la clientela individuale (“retail”) in ambito UE. Il lavoro è collegato al mandato che ESMA ha ricevuto dalla Commissione Europea di fornire periodici rapporti riguardo ai costi e alla performance dei prodotti di investimento.
In questo primo sforzo, ESMA ha coperto fondi UCITS, AIF (Alternative Investment Funds) e SPR (Structured Retail Products) venduti agli investitori retail.
Per quanto riguarda gli UCITS, i dati raccolti hanno permesso di analizzare e discutere un ampio spettro di indicatori di performance. Invece per gli AIF e i prodotti strutturati i dati sono risultati troppo limitati, permettendo solo una descrizione generale del mercato.
Secondo ESMA, nella UE sono distribuiti attualmente circa 30.000 UCITS mentre gli AIF venduti alla clientela retail ammontano a circa 10.000 e i prodotti strutturati sono circa 5 milioni. Un universo variegato e – come vedremo più avanti – gigantesco.
Nello svolgimento della ricerca, ESMA ha dovuto affrontare diverse problematiche riguardo ai dati disponibili. Tra questi, la non reperibilità di importanti elementi quali: una parte dei costi di distribuzione, costi di transazione, una parte delle commissioni di performance. Altri problemi evidenziati sono: la mancanza di granularità per alcuni dati, la eterogeneità di dati tra i vari paesi della UE, la carenza di informazioni riguardo alle diverse rischiosità dei vari prodotti.
Le dimensioni complessive del mercato UCITS europeo sono mastodontiche: secondo ESMA si tratta di circa 9.7 Trilioni di Euro di risparmio gestito (oltre 4 volte l’intero stock del debito pubblico italiano, tanto per offrire un paragone). All’interno di questo “mare magnum” l’analisi condotta dall’ESMA si è rivolta ad un sottoinsieme più ristretto (ma sempre enorme): i 6.6 Trilioni di Euro gestiti dai fondi UCITS per i quali la società di ricerca Thomson Reuters Lipper è stata in grado di fornire all’authority tutti i parametri necessari ai fini dell’analisi. In questo campione la parte del leone (65% del campione o 4.3 Trilioni di Euro) la fanno i fondi UCITS distribuiti alla clientela retail, per i quali ESMA ha analizzato l’evoluzione delle performance e dei costi nel decennio 2008-2017. E’ importante sottolineare che si è trattato di un decennio abbastanza favorevole per i mercati finanziari (a parte il periodo iniziale). Se – per esempio - ESMA avesse incluso anche i dati relativi alle performance dell’anno appena trascorso, le performance complessive di periodo sarebbero risultate decisamente meno interessanti e l’incidenza dei costi avrebbe ridotto le performance lorde in modo ancora più pesante.
Le principali conclusioni (“key findings”) del rapporto ESMA sono le seguenti:
Cominciamo proprio dal primo punto delle conclusioni di ESMA. Nel corso del periodo 2008-2017 i costi dei prodotti UCITS venduti alla clientela retail nella UE sono rimasti più o meno invariati, risultando pari in media a:
2 per cento annuo per i fondi azionari (che rappresentano 40% dei 4.3 Trilioni del campione);
1,8 per cento per i fondi che hanno strategie alternative (percentuale del totale minima);
1,8 per cento per i fondi a strategia mista azionario/obbligazionario (26% del totale);
1,4 per cento per i fondi obbligazionari (28% del totale).
Unica eccezione è stato il ribasso dei costi per i fondi monetari (6% del campione), per i quali si è passati dallo 0,6 per cento annuo del 2008 allo 0,25 per cento nel 2017. Il motivo di questa eccezione è stata la drammatica contrazione dei ritorni che questi fondi hanno dovuto subire per effetto della politica di tassi negativi attuata dalla BCE.
Moltiplicando performance per pesi relativi possiamo determinare come la media ponderata dei costi annui del campione di fondi retail analizzata da ESMA sia stata quindi pari all’ 1,68 per cento annuo. Moltiplicata per i 4.3 Trilioni di euro del campione si arriva alla non modica stima di 72.2 miliardi di euro di costi annui caricati sui portafogli dei fondi dall’ecosistema dei gestori. Un numero da tenere a mente…
Come emerge dalla ricerca ESMA, nell’arco degli ultimi dieci anni i risparmiatori Europei che hanno investito nei fondi UCITS non hanno avuto alcun beneficio di riduzione dei costi per i propri risparmi. Questo ha fatto si che nel solo periodo 2015-2017 – peraltro favorevole per i mercati finanziari – i costi abbiano sottratto in media il 25% dei ritorni lordi dai fondi. Ovvero, un euro guadagnato su quattro è andato nelle tasche dell’industria del risparmio gestito.
Euclidea è nata proprio con la consapevolezza e l’intenzione di fungere da agente di rottura di quello che appare chiaramente come un mercato oligopolistico e cosparso di conflitti di interesse.
Una recentissima presentazione di Vanguard – il gestore globale che ha di fatto creato la filosofia dell’investimento a basso costo arrivando a gestire oltre 5 Trilioni di dollari per l’80% in strategie passive – ha evidenziato come il TER medio dei prodotti Vanguard sia sceso allo 0,11% annuo nel 2017. Questo ha permesso a Vanguard di conquistare una chiara leadership nel mercato US, con una quota pari al 55% delle nuove vendite di fondi a fine 2018.
Bene, in Europa Vanguard ha una quota pari al 2,7%, inferiore anche a quella – comunque modesta – di altri player dalla filosofia simile, come Amundi.
Un approccio veramente indipendente e privo di conflitti adottato nella composizione di un portafoglio di fondi porta – come nel caso dei portafogli selezionati da Euclidea – ad un peso rilevante di fondi con strategie passive ed a basso costo. Mentre i gestori attivi vengono scelti perché aggiungono davvero valore al portafoglio del cliente, e non solo a quello della casa di gestione. Non a caso, Euclidea è uno dei pochi gestori Italiani ad inserire i prodotti di Vanguard ed altri gestori low cost nei portafogli dei propri clienti.
La risultante di questo approccio è un consistente e sostenibile risparmio di costi annui che non inficia minimamente – anzi, si può facilmente obiettare e dimostrare che migliori – la qualità e volatilità dei portafogli gestiti.
Si parla spesso in questi tempi di ineguaglianza crescente, tasse esplicite e tasse occulte. Queste ultime sono spesso quelle derivanti da posizioni di monopolio o oligopolio su prodotti o servizi.
A nostro giudizio il primo rapporto ESMA suggerisce chiaramente che il risparmio gestito per il segmento retail rappresenta un oligopolio che applica commissioni eccessive, una parte delle quali si possono qualificare come una vera e propria “tassa occulta” ai danni del risparmiatore/consumatore di servizi di risparmio gestito.
Ma la tecnologia, la normativa (come per esempio la MIFID II), società come Euclidea o Vanguard, la spinta da parte degli stessi risparmiatori, stanno iniziando a cambiare la situazione.
La “tassa occulta” verrà inesorabilmente ridotta, nella UE e in Italia, come sta già succedendo da tempo in mercati più concorrenziali ed evoluti quali gli Stati Uniti.
Ridurre, questa tassa occulta può comportare enormi benefici per i risparmiatori. Solo per fare un esempio: se il costo medio applicato ai 4.3 Trilioni di euro di fondi UCITS retail analizzati da ESMA scendesse da 1,68 per cento a 1 per cento annuo, un’ipotesi – ve lo possiamo facilmente dimostrare se ci venite a trovare in Euclidea – tutt’altro che aggressiva, il risparmio annuo per i clienti sarebbe pari a 29 miliardi di euro. Cumulato nei prossimi dieci anni sarebbero 290 miliardi rispetto ai dieci anni passati analizzati da ESMA!
Basandoci sui dati Assoreti relativi ai 511 miliardi di euro di risparmio della clientela italiana seguita dai soli promotori finanziari (rappresentanti solo una parte, per quanto rilevante, del mercato complessivo) possiamo lanciarci in qualche esercizio di stima.
Assumendo – per semplicità – che il costo medio annuo dei prodotti in cui questo risparmio è investito – sia pari esattamente alla media UE dell’1,68 per cento, ne deriviamo circa 8.5 miliardi di euro annui di costi. Assumendo che si possano ridurre all’ 1 per cento riporterebbe nelle tasche degli Italiani 3.5 miliardi di euro in più all’anno.
Come ha ricordato di recente in nostro Amministratore Delegato, Euclidea pensa che i risparmi delle persone debbano essere trattati con la massima attenzione in totale trasparenza di costi e di libertà di scelta, per quanto riguarda gli strumenti utilizzati, senza nessuna “interferenza” commerciale.
Se dopo aver letto questo post avete qualche dubbio di essere stato fino ad ora un contribuente alla “tassa occulta” sui vostri risparmi, contattateci o veniteci a trovare. Vi aiuteremo a capirlo con i nostri strumenti di analisi, in totale trasparenza.