Nei mercati finanziari obbligazionari si sta assistendo ad un fenomeno curioso: paghi per prestare, ossia il prestatore deve pagare il debitore. In altre parole, la ricompensa per privarsi momentaneamente di un capitale, accollandosi quindi il rischio relativo, è negativa. Questa situazione, che inizialmente si era presentata in Giappone, è diventata prepotentemente presente anche in Europa, dove la grandissima parte di obbligazioni governative adesso ha rendimenti negativi, ossia, le obbligazioni di nuova emissione offriranno ogni anno, fino a scadenza, di pagare e non di rendere (questo a prescindere dal fatto che c’è un rischio di credito, ossia di fallimento, anche per entità statali). Questa situazione si è progressivamente riversata anche nei tassi di interesse dei mutui, che sono diventati sempre più bassi e in Danimarca i primi mutui a tasso negativo sono stati emessi. Alla data di questo articolo, vi sono oltre 16 trilioni di titoli (ossia 16 mila miliardi) che hanno tasso di interesse negativo a livello globale.
Le conseguenze per gli investimenti obbligazionari sono enormi: un’obbligazione, anche senza considerare rischi di credito, inflazione, liquidità, curva dei rendimenti, commissioni, non offre più rendimento positivo. Tutti sono coinvolti: banche, fondi pensione, investitori privati e istituzionali. Per le banche il margine di intermediazione (la differenza tra gli interessi percepiti e quelli pagati, in quanto ai correntisti è difficile applicare tassi negativi) si assottiglia e scende la loro redditività, complicando la loro situazione patrimoniale e la loro capacità di fornire prestiti. I fondi pensione non hanno più titoli che consentano loro di far crescere i soldi in loro custodia per le pensioni di domani. E poi ci sono gli investitori: per loro il problema è sostanziale perché una grandissima parte di risparmi viene normalmente collocato in questa fascia e quindi preclude la possibilità di fare in modo che i risparmi possano “fruttare”. Tale situazione è accentuata anche dal fatto che questi rendimenti possano andare nell’ordine di grandezza di un punto percentuale, cioè assicurarsi di perdere quasi un uno per cento ogni anno per tutta la durata del titolo.
In realtà se la curva dei tassi di interesse, ossia i tassi rappresentativi delle nuove emissioni a varie scadenze, scende (ossia i nuovi tassi sono ancora più bassi e negativi di quelli precedenti) c’è la possibilità che ci sia un rendimento sufficientemente positivo (più i tassi scendono, più sale il rendimento nelle obbligazioni) da controbilanciare l’ipotetica “cedola” che un investitore deve porgere al debitore, posto che vi sia un’operazione di compravendita che sigilli il risultato. Alla lunga chiaramente questa situazione amplificherebbe il problema, non lo risolverebbe. Gli stati ovviamente beneficiano enormemente di questa situazione, poiché il loro costo di finanziamento si riduce, si annulla o addirittura diventa positivo (la Germania guadagna quando emette debito) ma alla lunga tutto il sistema finanziario sarà compromesso.
In Euclidea, questo tema è estremamente importante e gioca un ruolo chiave nella costruzione dei portafogli influenzando le nostre scelte in termini di scadenza dei fondi obbligazionari, del loro merito di credito, della loro provenienza geografica e di altre loro caratteristiche al fine di far ottenere ai nostri clienti il miglior servizio possibile. Infine, in questo ambiente di tassi negativi, è oltremodo importante controllare i costi di gestione soprattutto su fondi e strumenti obbligazionari che se caricati da commissioni di gestione troppo alte amplificheranno l’effetto negativo dei tassi.